giovedì 6 marzo 2014

Vox clamante ... l'adeguamento periodico degli onorari per periti, consulenti, interpreti e traduttori


L'art. 54 del D.P.R. 30 Maggio 2002, n. 115 - il Testo Unico delle Disposizioni Legislative in materia di Spese di Giustizia (T.U.S.G.) - così recita:

Art. 54 (L) Adeguamento periodico degli onorari
1. La misura degli onorari fissi, variabili e a tempo è adeguata ogni tre anni in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, verificatasi nel triennio precedente, con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.
L'ultimo adeguamento è del Maggio del 2002, quasi quattro omessi adeguamenti fa (Maggio 2005Maggio 2008 e Maggio 2011 Presidente del Consiglio dei Ministri sempre Silvio Berlusconi, il prossimo a Maggio 2014, Presidente del Consiglio, si presume, Matteo Renzi).

Ripetiamo i due soliti conti, in uno scenario nemmeno tanto ipotetico, anzi più che plausibile e facilmente verificabile nella realtà dei fatti.
Vengo incaricato di fornire l'assistenza come consulente altamente specializzato nella interpretazione e nella trascrizione (portoghese brasiliano) in una indagine che si svolge attraverso intercettazioni ambientali e telefoniche. Io non posso prestare assistenza per più di otto ore al giorno (quattro vacazioni), come disposto dall' articolo quattro della L. 319, richiamata dal TUSG, a meno che non sia presente il Magistrato e verbalizzi e giustifichi la mia effettiva presenza oltre il limite indicato.
L'incarico può prolungarsi anche per alcuni mesi, e io debbo garantire comunque la mia presenza per le otto ore giornaliere, festivi compresi. 
Nel caso si presti servizio in sala ascolti non mi è consentito svolgere contemporaneamente altri incarichi.
In un mese di trenta giorni, la Legge prevede che mi possa essere liquidata una somma massima di euro 984,53 - lordi.  Da queste sottraiamo il 23%-27% per cento a titolo di imposta sui redditi, un trentacinque per cento circa tra contributo INPS  (che nonostante le promesse politiche, è destinato ad aumentare ancora - un commosso grazie al ministro Fornero) e spese varie. Facciamo l'ipotesi che non ci venga anche imposta la autonoma organizzazione e si sia esenti dall'IRAP.
Il reddito mensile, al netto di tasse e spese di prima istanza, è quindi qualcosa appena al di sotto dei cinquecento euro, liquidato a fine inchiesta, spesso decurtato rispetto alla richiesta, e pagato materialmente almeno un anno dopo.

Non ripetiamo ancora una volta il disagio ad essere pagati meno del marginale che sporca i vetri delle automobili al semaforo davanti la Procura, degli enormi rischi che si stanno materializzando come conseguenza dell'espulsione dei professionisti qualificati dal circuito giudiziario, impossibilitati a sopravvivere in tali condizioni, sostituiti da volenterosi privi delle capacità operative minime,cui si aggiungono i rischi di corruzione che inevitabilmente appaiono quando si associano pagamenti indegni alle professionalità inadeguate - altrimenti qualcuno dice che ci stiamo sempre a lamentare.

La tariffa è pubblicistica ci si risponde; ma la pubblicità che potrebbe derivare dalla accessibilità degli elenchi è stroncata sul nascere dalla privacità
Aggiungiamo che chi gode (è proprio il caso di dirlo) dei settori per i quali è prevista una tariffa a percentuale non risente dell'inflazione come ne risente chi è costretto alla quota fissa ovvero alle vacazioni.

La Corte Costituzionale è stata chiamata più volte ad esprimersi sulla legittimità della Legge 319/80, rispetto all'art. 36 della Costituzione (Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia ...)
La Consulta ha anche più volte richiamato il legislatore sulla diversità di trattamento dell'attività svolta per l'Autorità Giudiziaria, non solo per la disparità tra liquidazione a percentuale e liquidazione a vacazione, conseguenza del colpevole mancato adeguamento agli indici ISTAT degli importi tabellari nei termini (tre anni) fissati dalla Legge stessa, quanto per il fatto che l'opera prestata per il Giudice o per il Magistrato costituisca o meno una percentuale rilevante del reddito personale dell'interessato.

Chi, cioè, lavora pressoché esclusivamente per l'Autorità Giudiziaria è discriminato rispetto a chi ha altre entrate che gli consentono di sostenere il sacrificio per il bene comune implicito nella tariffa pubblicistica.

La Sentenza numero 41 del 1996 concludeva che questa Corte non può non rinnovare l'auspicio che - in attesa di norme migliori - le autorità indicate dalla legge impugnata provvedano a rispettare le scadenze triennali di adeguamento dei compensi dovuti in base alle variazioni accertate dall'ISTAT.
 
Quanto sia stata rispettata, lo stiamo vedendo da dodici anni. Aspettiamo capo Matteo, vediamo se intende lasciare il mondo un po' meno brutto di come lo ha trovato. Sarà
?


Nessun commento:

Posta un commento